Scheggia di vento
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Non era un’infanzia semplice la sua a causa del suo essere claudicante. Era stata sfortunata, ma questo non bastava a far tacere le malelingue di certi bambini crudeli.

Quando certe risatine la ferivano, Nadia cercava rifugio in soffitta. Lì tra scatole piene di decorazioni natalizie, attrezzi da lavoro, vecchi indumenti ormai dismessi, c’era una madia. Il coperchio era rovinato dalle tarme, e molta della vernice era ormai venuta via, però alla ragazza sembrava uno scrigno intarsiato di gemme preziose, perché, in quella madia, Nadia conservava tutti i biglietti dei treni usati per viaggiare con la mamma: Pisa, Parigi, Amsterdam…

Li sfogliava, poi chiudeva gli occhi e le sembrava di essere ancora a Venezia o a passeggio sul lastricato antico di Pompei.

Quella sera era difficile l’idea di tornare di sotto e far finta di nulla, la giornata era stata molto dura, e allora, gambe incrociate, cominciò a curiosare più a fondo.

Quasi come nascosto, Nadia scorse un foglio di carta arrotolato. Era una pergamena. Sopra c’era scritta un’unica frase, abbracciata da decine di ghirigori in azzurro e argento. Nadia si mise in ginocchio, stese bene la pergamena a terra e poi lesse le parole: Parto. Non so per dove, di certo mi attendono.

“Parto, non so per dove… di certo mi attendono…” Nadia le ripeteva tra sé, come a voler trovare in esse un senso. Intanto il pavimento sotto di lei si faceva morbido e le pareti andavano dissolvendosi. Non si accorse di nulla. Fino a quando fu distratta dalla voce di un uomo dal timbro allegro ma un po’ teso: “Bonjour, Hallo, Bye Bye! Li so tutti. So parlare in tante lingue, potrei esservi utile in decine di circostanze!”

A quella voce capace di tante lingue, rispondeva un vocione sonoro e profondo: “Cammina, ché il nostro comandante ti aspetta!”. E l’altro insisteva: “Ma che vuoi saperne, tu, bruto di un bucaniere!”

Nadia era ancora inginocchiata come era in soffitta, ma tutto attorno a lei era diverso, l’aria tersa, la luce brillante. Quello che sentiva però la impensieriva e non poco! - Bucaniere?!?!

Si tastò la cintura, a destra le pendevano sul fianco una pistola e una sciabola, a sinistra un’altra pistola, dalla canna più grande, un sacchetto probabilmente pieno di munizioni, e un coltello. Un corredo da capitano di galeone.

“Aspetta qua! La nostra comandante sta evidentemente annusando il vento! Non possiamo disturbarla”. Disse l’omone dai vestiti buffi.

Nadia non sapeva cosa fare. Forse la cosa migliore era darsi un pizzicotto sul braccio e via! Invece, alzandosi si trovò si fronte un uomo smilzo, alto, dalla fronte imperlata di sudore, con le mani legate dietro alla schiena e, al suo fianco, un altro enorme, così enorme che quasi le faceva ombra. “Che ne facciamo di questa inutile zavorra? Lo buttiamo a mare subito o lo vuol fare Lei personalmente, Scheggia di Vento?”

Aspettavano entrambi una sua risposta. A quel punto le era tutto chiaro: per quanto incredibile, lei, dall’essere una ragazzina che gli altri prendevano in giro a scuola, era diventata per magia Scheggia di vento, capitano di bucanieri! 

Il prigioniero vide nella sua esitazione un’occasione per entrare nelle sue grazie e disse: “Ecco! Il vostro comandante sa riconoscere il valore di un uomo esperto conoscitore delle lingue straniere, altro che zavorra!” E si inchinò davanti a Nadia chiedendole pietà. “Nadia memore di tutte le storie marinaresche lette disse: “Mettiamolo piuttosto ad aiutare il cuoco in cucina!”.

L’omone scrollò la testa rassegnato e disse: “L’aiutante in cucina? Sempre troppo buona Scheggia di Vento! Ma quel che dici è legge e io eseguo!”.

In qualche straordinario, magnifico modo, Nadia era stata catapultata, nel tempo, nei panni di qualcun’altra. Lei, proprio lei, era a capo di un galeone con decine di pirati al suo servizio, pronti a eseguire qualsiasi suo ordine. Li avrebbe voluti vedere i suoi compagni di classe ora, sul ponte del suo galeone!

L’uomo smilzo, però, non le sembrava affatto felice di trovarsi lì. Doveva fare qualcosa per aiutarlo. Infilò una porticina di legno consumato dalla salsedine e scese giù, seguendo l’odore del rancio. Prese il povero sventurato per un braccio.

Appena al riparo da orecchie indiscrete, Nadia disse tutto d’un fiato: “Io non so chi tu sia, non so nemmeno chi io sia, non so come sia possibile che io sia qui, e tantomeno so perché tu sei qui, ma forse conosco un modo per tirarti fuori dai guai”. Il tipo smilzo la guardò con gli occhi inumiditi dalla riconoscenza e, senza indugio le rispose: “Sì, vengo con te! Ho viaggiato in tutto il mondo ma a bordo di una nave pirata me lo risparmio volentieri!”.

Nadia chiuse gli occhi e, stringendo la mano di quel malcapitato, disse: “Parto. So per dove, di certo mi attendono!” e, in un turbinio di polvere azzurra e argentea, si ritrovò nel soggiorno di casa sua. Sorrise e poi si precipitò alla finestra, guardò giù in strada e vide l’uomo del quale non sapeva nemmeno il nome. Lui si guardava attorno un po’ perplesso, ma di certo sollevato, alzò lo sguardo verso la sua finestra, la vide e si inchinò: “Grazie, Bye Bye, Aurevoir!”.

Nadia realizzò che non solo sapeva la formula per andare in quel mondo meraviglioso e avventuroso in cui tutti la ammiravano, ma anche quella per ritornare a casa, per poter salutare l’amata mamma e le sorelle. In ogni caso, viaggiare sarebbe stata la sua vita e non c’era ostacolo che non potesse superare, in barba a chi non credeva in lei. Chiuse gli occhi e sussurrò: “Parto. Non so per dove, di certo mi attendono”. Li riaprì e disse: “Vedo terra all’orizzonte! Forza, olio di gomito! Il mio galeone dovrà essere il più lucido del porto!”.

Trees
La storia di Nadia
Nadia
Ospite della Residenza Anni Azzurri Dorica (Ancona)
Letta da Maria Carla
Maria Carla
Ospite del Polo Geriatrico Riabilitativo (Milano)
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