Un amico a vapore
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Ai margini di un bel campo di ulivi, proprio al centro di una radura, sorgeva una casa di mattoni, dal tetto rosso. In questa casa, dalla quale si vedeva il bel paesino di fronte, viveva una famiglia, composta dai genitori, una bambina e due fratelli maggiori.

Maria era una bambina allegra e gentile, conduceva una vita semplice, felice, turbata solo, di tanto in tanto, dai discorsi che riusciva a origliare, quando i genitori e i fratelli più grandi si attardavano attorno al tavolo alla sera. Erano parole che facevano paura e raccontavano di miseria, di guerra, di pericoli. Lei, in quei discorsi, non entrava mai.

Maria andava a scuola, aveva solo dieci anni, ogni tanto, però, la mamma le affidava un compito molto importante, un incarico da grandi, di responsabilità, coraggio: doveva andare a Barletta, una cittadina vicina al suo paese a comprare le cose che nel loro paesino costavano molto di più ed era difficile trovare. Sembrerebbe un compito da nulla, ma non lo era, non lo era affatto, perché per strada, ma soprattutto in città, c’erano tantissimi briganti. L’unica cosa su cui poteva fare affidamento Maria era che si riconoscevano subito, per come andavano vestiti e per l’atteggiamento prepotente che avevano. Bisognava nascondersi appena li si scorgeva, altrimenti erano brutti guai, perché nessuno poteva contraddirli.

Camminando sul sentiero di terra cotta dal sole, lisciava il vestito che di solito indossava per i giorni di festa. L’avevano scelto perché era semplice e, allo stesso tempo, non avrebbe dato nell’occhio in città. Aveva un po’ paura di non riuscire, ma l’idea di salire sul treno la rallegrava sempre, la incoraggiava.

Affrettò il passo, il treno stava per arrivare. Ci salì piano, perché lo scalino che il controllore abbassava per far salire i passeggeri era logoro, e a bordo non c’era un angolo che non fosse pieno di carbone, quindi doveva prestare attenzione a dove s’appoggiava nel cercare un posto a sedere. Nonostante queste accortezze, quando scendeva era tutta coperta di fuliggine, inutile cercare di scrollarla via, tanto al ritorno sarebbe stato lo stesso!

E infatti, al ritorno, con la sporta piena delle compere. Non macchiarsi di carbone era impossibile. A terra le assi ne erano ricoperte, le tendine da bianche erano ormai grigie. Maria le sfiorò e si levò uno sbuffo nero.

“Si ritorna dalla città, eh!”, Maria trasalì, chi era stato a parlarle? Si guardava attorno perplessa e anche un pochino spaventata. La voce era rotonda, come quella di un nonno assonnato, ma non c’era nessuno. “Ti ho spaventata? Sono io!” Maria fece più attenzione. Tese l’orecchio e si spostò verso la locomotiva, con la grande bocca della fornace spalancata per accogliere il carbone che il fuochista vi lanciava dentro. Certamente era stato quell’uomo a rivolgerle la parola. Maria si mise comoda, abbassando uno dei sedili nel corridoio. Mentre il treno continuava a scorrere sui binari, ancora una volta, sentì una voce: “Sono io, Maria, il treno. Ho notato che sali spesso a bordo, non è facile viaggiare di questi tempi. Ammiro molto il tuo coraggio. Mi piacciono le persone generose come te, mentre detesto i prepotenti, per questa ragione, potrai contare su di me se avrai la sfortuna di incontrarli”.

Maria era stupefatta, mai si sarebbe aspettata una tale meraviglia! Si alzò, si appoggiò al finestrino e guardò fuori, picchiettando gentilmente sulle pareti, per dirgli che sì, aveva capito e lo ringraziava.

Il treno riprese a borbottare vapore, poi fischiò e si fermò in una bella stazione alberata. Maria diede un’occhiata nel vagone di sinistra. Un anziano signore teneva dei libri sulle ginocchia legati con uno spago. Gli si sedette di fianco.

Non trascorse un minuto che salirono loro: i briganti. Alla signora che era rimasta in piedi a salutare presero tutte le uova e ci camminarono sopra. La signora piangeva. “Dacci quel pane!”, li sentivano urlare ad un altro, minacciosi. Maria aveva paura, il cuore le batteva forte, doveva trovare una soluzione, lei alle cose per la mamma non avrebbe rinunciato mai! Allora ebbe un’idea! Cominciò a battere sulla gonna, sulle maniche, si mise a saltare. Il vecchio signore la guardava perplesso e lei, accorgendosene, pensò che era il caso di proteggere anche lui e si mise a sbatacchiare le braccia sul suo capo. In pochissimo tempo lo scompartimento era pieno di polvere nera che ricopriva tutto. Lui era rimasto immobile, forse confuso da quella scena sorprendente, Maria gli si risedette a fianco e cercò di stare più immobile possibile. Cercò con la mano quella dell’anziano e la strinse, poi, non appena quelli aprirono la porta, trattennero entrambi il respiro. “Qui non c’è nessuno! Non avevi detto che c’era una ragazzina con la sporta piena?” - “Sì, l’ho vista entrare!”. Il treno allora, improvvisamente frenò, come se avesse trovato un sasso sui binari. “Ma che diavolo succede a questo stupido treno! Non si riesce nemmeno a stare in piedi!”. Il brigante uscì dal vagone imbestialito. Maria e il signore rimasero fermi, ma stavolta Maria, senza preoccuparsi che qualcuno la sentisse parlare al nulla disse un “Grazie!” al quale ebbe in risposta un allegro fischio tintinnante.

La sera a tavola era Maria ad avere una storia da raccontare, ma era talmente appassionante e travolgente, che più volte dovette narrare da capo, soprattutto la parte in cui il vecchio signore, la guardava pieno di ammirazione, come se avesse di fronte la più coraggiosa delle fate del camino.

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La storia di Maria
Maria
Ospite della Residenza Anni Azzurri Navigli (Milano)
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